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Posts Tagged ‘bambini maltrattati’

Pillole: Tradizione

11 marzo 2015 1 commento

Jenische4Da secoli vive in Svizzera una popolazione  d’origine zingara, gli Jenische, diffusa anche in Francia, Germania, Austria ed altri paesi europei. Sono in genere piccoli artigiani e commercianti ambulanti.

Nel 1926 una società “filantropica” svizzera, la Pro Juventute, creò una sezione destinata … una sezione destinata ai figli degli Zingari e degli Jenische, l’Opera di soccorso per i figli della strada. I bambini venivano rinchiusi in istituti e ogni contatto con i parenti veniva loro impedito: veniva cambiato loro il nome perché le famiglie non potessero rintracciarli e si diceva loro che i genitori erano morti.

Venivano poi affidati soprattutto a contadini, senza alcun intervento del tribunale. Parecchie ragazze furono sterilizzate. Tutto ciò per estirpare la mala erba del nomadismo, per estinguere le genti nomadi ‘asociali’ per antonomasia e quindi pericolose per una società ordinata bene amministrata. Un vero e proprio genocidio culturale. In un rapporto del 1950 l’istituzione si vantava che ben cinquecento bambini (di una popolazione di circa 35.000 persone) avevano ‘beneficiato’ di queste misure…Verso la fine degli anni sessanta gli Jenische si organizzarono nella Radgenossenschaft del Landstrasse (Associazione della ruota della strada maestra) e assieme a Pro Zigania Svizzera iniziarono una lotta giuridica e politica, che portò nel 1973 alla chiusura della sezione per i figli della strada della Pro Juventute. Nel 1986 il presidente della Confederazione elvetica, Alfons Egli, chiese pubblicamente scusa. Poco dopo fu istituito un fondo per la ricostituzione delle famiglie, ma per la maggior parte di loro è ormai troppo tardi.

Jenische1

Mariella Mehr è una ‘figlia della strada’, una delle oltre seicento piccole vittime strappate alle famiglie. Scrittrice, poetessa, giornalista, si è attivamente impegnata contro i soprusi e le violazioni dei diritti più elementari della sua gente ed ora, in questo libro, ci offre la sua storia emblematica della psicoterapia che le ha permesso di uscire dai sentieri della follia, su cui le ‘misure educative’ l’avevano avviata. Già sua madre era stata oggetto delle ‘cure’ della Pro Juventute. Strappata a cinque anni alla famiglia, istituzionalizzata fino a venticinque anni, era affondata in una schizofrenia paranoica che l’aveva portata a tentare di uccidere la stessa figlia, nata prematura il 27 dicembre 1947, una data che segna l’inizio di una immane lotta per sopravvivere nonostante tutto, sostenuta dalla forza dell’odio, in una chiusura autistica col silenzio quale unica arma di difesa contro l’aggressione esterna. “In realtà sono caduta in un oceano di disgusto, di freddo, di esilio. l’odio e la disperazione di mia madre mi hanno vomitata in un paesaggio di orrore. Mi ha fatta pietrificare prima ancora di essere vissuta”. La bambina diventa un urlo, un urlo disperato, pietrificato e Steinzeit, tempo di pietra, è significativamente il titolo originale del libro.

Jenische2Tutta la sua storia è una storia di violenze inaudite. Da piccola viene rinchiusa al buio, picchiata per la sua paura, la sua solitudine, il suo mutismo. Poi le viscide attenzioni di un ‘padre’ affidatario, la violenza carnale di un medico, gli elettroshock ripetuti, le terapie chimiche estreme perché ritenuta un ‘caso incurabile’, esibita nelle lezioni cliniche come esempio tipico di una razza tarata, la vita disperata alla ricerca di se stessa in una città simbolicamente chiamata Zero.

E quando il bisogno di un minimo di calore umano la spinge fra le braccia di un uomo, viene ancora punita con il carcere e il figlio, il piccolo Cristoforo, le è tolto per sempre.

È tutto un susseguirsi di brandelli di ricordi, che straziano la coscienza, che si richiamano, si accavallano, scavano sempre più a fondo nel subconscio, si compongono fino a tracciare il quadro allucinante delle vicissitudini di Silvana, di una creatura marchiata sin dalla nascita dalle assurde teorie dell’ereditarietà negativa delle genti nomadi, quelle stesse teorie che hanno portato al genocidio degli Zingari sotto il Nazismo, un olocausto dimenticato che contò più di mezzo milione di vittime.

Jenisch3Ma il libro vuol essere anche un appello per quanti hanno a cuore il destino dei bambini, in particolare per quelli istituzionalizzati, esseri senza diritti anche nella civilissima Svizzera, perché non venga meno la comprensione e un soffio di calore umano “per i cuori infantili mutilati dall’assenza di amore”, perché non tutti hanno la sua forza di analizzarsi fino allo strazio delle immagini fantasmagoriche della paura, rese con grande forza poetica, al di sopra di una società che copre con un manto di ipocrita moralità un mondo di malvagità.

(da “Storia dei bambini Zingari” estratto di Mirella Karpati)

Oggi la storia non è cambiata. Mio figlio fu sequestrato dal Pretore razzista Pedrotti con aiuto di numerosi funzionari (menzionati con nome e cognome nelle pagine precedenti), fu distrutta la mia attività professionale e ritirato il permesso di residenza C dopo 38 anni di permanenza in Svizzera.

Finora nessuno ha fatto nulla per correggere questa ingiustizia, ne gli attori, ne le autorità e nemmeno le numerose organizzazioni non governative, abbondantemente finanziate dai fondi pubblici e ufficialmente dichiarate di protezione dei figli e dei genitori.

Dal 1928 non è cambiato nulla. I bambini degli “stranieri” in Svizzera rimangono la libera preda dei xenofobi annidati a tutti livelli delle autorità e della società.

Cum mortuis in lingua mortua

1 giugno 2011 2 commenti

Il mio nome è Sarah,
Ho tre anni;
I miei occhi sono gonfi.
Non riesco a guardare …
Devo essere stupida
Devo essere cattiva,
Perché altrimenti mamma sarebbe arrabbiata con me? …

Voglio essere migliore,

Non voglio essere brutta,
Così forse mia mamma mi darebbe un abbraccio …

Non devo parlare,
Devo essere sempre buona e ubbidiente;
Altrimenti, per punizione,
Sono rinchiusa tutto il giorno in casa …

Quando mi sveglio
Sono sola in casa,
Al buio per ore e ore …

Quando la mamma torna
Cerco di essere bravissima
Se lei mi colpisce
Spero che sia una sola botta …

Non devo fare rumore,
Ho appena sentito la porta;
Mio padre è tornato ubriaco dal bar …

Ho sentito il mio nome gridato con rabbia
Mi stringo contro il muro …
Cerco di nascondermi.

Vedo il suo sguardo orribile,
Non posso trattenere il pianto,
Sono disperata …
Mi trova nell’angolo in lacrime,
Grida, insulta,
Dice che sono colpevole per di tutti i loro problemi …

Inizia a colpirmi
Urla ancora,
Gli sfuggo ma mi riprende quando inciampo …

Cado per terra
Mi fanno male le ossa
Papà mi dice le cose
Che non capisco …

“Perdonami”, urlo disperata.
Ma è troppo tardi, il suo volto contorto sembra che bruci …

Le botte e le parole mi fanno molto male,
Chiedo a Dio misericordia e pietà …
Finalmente finisce,
E si dirige verso la porta, mentre io giaccio al suolo
Quasi morta …

Il mio nome è Sarah,
Ho tre anni di età;
Stasera mio padre …
Mi uccise senza pietà.

Foto e poesia cortesia di: http://www.reporteconfidencial.info/noticia/25517/abuso-infantil/

Traduzione dalla spagnolo: Josip Koprivec

http://twitter.com/#!/JoseOrtiga/status/75950774487756802